Franca Ghitti. Altri Alfabeti

DOVE

Gallerie d’Italia
Piazza della Scala 6, Milano

QUANDO

Dal 16 gennaio al 17 febbraio 2019

““Con Altri Alfabeti mi riferisco a quell’inventario di segni, tacche, nodi, coppelle che ho voluto portare nella mia scultura, consapevole che essi rappresentano una sorta di lingua specifica quasi alternativa all’alfabeto (per secoli lo è stata) usata da segantini, fabbri, carpentieri, fucinieri, mugnai, pastori e contadini. Lingua perciò atta a delimitare una civiltà non metropolitana, marginale e insieme a indicare una fascia di corrispondenze intercontinentali”.”

La dichiarazione di poetica di Franca Ghitti, che fa parte di un testo pubblicato in occasione della mostra alla OK Harris Gallery di New York nel 2000, è un passaggio fondamentale di coscienza dell’artista, una rilettura trasversale del suo percorso scultoreo.

La mostra Franca Ghitti. Altri Alfabeti che oggi si propone è ordinata in uno spazio circoscritto, dove le opere dialogano tra di loro e con lo spettatore rimandando a un piccolo universo. Ad accompagnare Vicinia. La tavola degli antenati n. 1 (1976) e Tondo degli anni Ottanta, acquisite recentemente da Gallerie d’Italia nel novero delle più importanti espressioni artistiche del Novecento, stanno una corona di sculture e installazioni che qualificano la ricerca di Franca Ghitti.

Il processo artistico che governa la fenomenologia dell’esposizione è perfettamente coerente con la ricerca dell’artista che utilizza le tracce, i frammenti materiali di un antico territorio per ridare loro vita in un’operazione concettuale.
La memoria del passato acquista, nell’esercizio sempre nuovo di composizione, uno spessore creativo che parla attraverso gli sfridi. Essi sono gli elementi di ferro residui della trasformazione del metallo in utensili e attrezzi agricoli, zappe, picconi, vanghe, badili, roncole, becchi d’aratro, vomeri, quel materiale che cade dall’incudine o dal piano di percussione del maglio e che Ghitti assembla nelle sue sculture e installazioni. Gli sfridi sono frutto di un disegno interno che rimanda alla cultura dell’attrezzo, all’antropologia dell’homo faber, all’eredità di una cultura contadina che ha civilizzato l’Europa, ma anche, nelle mani dell’artista, alla comunicazione poetica di un dato teorico disciplinare.

Si evidenzia nelle sue opere la dimensione relativa al linguaggio dell’arte, alla trasmissione di un gesto che non solo recupera la ritualità dell’antico trascorrere del tempo nell’alternanza dell’ordine delle stagioni, ma implica la capacità di porre un segno che interroga la contemporaneità, un archetipo carico di ogni possibile ripartenza, di passare dalla frammentazione degli oggetti alla ricomposizione di un’unità.

È evidente che Franca Ghitti parla attraverso gli oggetti per arrivare alle persone, all’esperienza di una comunità, le Vicinie, persone legate da vincoli di solidarietà reciproca e quindi a intravvedere un luogo di appartenenza di cui ha fatto parte. Nel lavoro dell’artista, tuttavia, il dato esistenziale non si preoccupa di rimandare a sé, ma piuttosto di cercare un modo, di sentire la necessità di trovare un linguaggio che aiuti a pensare e a conoscere quello che vediamo. Nel suo processo artistico il dato materiale con tutto il suo peso specifico diventa parte di una cultura immateriale, l’espressione di una cultura visiva dove le mani, i gesti, i segni diventano vettori di quello che le parole non sanno dire, che la mente non capisce. Questo allargamento ha permesso di “abitare” le sue opere, di percepirne la portanza misteriosa, di dialogare con le altre discipline, di misurarsi con i luoghi dell’elaborazione del sapere, le università, fino alle Pagine chiodate e ai Libri chiodati dell’ultimo periodo che rendono universale l’esperienza dell’esposizione al dolore.